Il materiale del futuro: dal PFU al FRC


Le aziende leader del calcestruzzo, oggi per poter essere competitive, devono non solo fornire un materiale di alta qualità per prestazioni e durata ma questo deve essere anche etichettato come “green”. A tale proposito ci siamo documentati realizzando un articolo dagli spunti interessanti.

Il materiale in fase di sperimentazione negli ultimi anni nasce dai PFU, acronimo di Pneumatici Fuori Uso. Secondo alcune ricerche il nostro paese annualmente deve affrontare uno smaltimento di circa 350 mila tonnellate di pneumatici. Un progetto stanziato nel 2013 proprio dalla Regione Puglia,  prevede il riutilizzo della parte metallica del pneumatico. Da tale lavorazione di riciclo nasce un

tipo di cls simile per caratteristiche al calcestruzzo fibro-rinforzato. Il vantaggio di questo tipo di composto è che non è necessaria la produzione in fabbrica delle fibre in acciaio, salvaguardando così l’ambiente.

I PFU sono però già stati utilizzati in un’altra chiave di riciclo già dai primi anni ’90, quando il problema dell’inquinamento ambientale iniziava a farsi sentire. I pneumatici fuori uso venivano innanzitutto separati nelle due compomenti: acciaio e gomma. La gomma veniva presa e tritata in piccoli pezzettini mixandola in aggregati di cls ottendendo un materiale innovativo: il Rubbercrete. Tale mix dà vita ad una miscela più leggera, un conglomerato cementizio alternativo avente una deformabilità e una plasticità maggiore rispetto ad una classica miscela in calcestruzzo.

Il Rubbercrete comporta sicuramente vantaggi nell’utilizzo, infatti diminuisce l’onere dello smaltimento dei PFU, è un materiale maggiormente deformabile e plastico rispetto al calcestruzzo ordinario; migliora alcune proprietà del calcestruzzo come la duttilità, la durezza, lo smorzamento, e di conseguenza la resistenza agli urti e la capacità di assorbire energia dovuta ad azioni dinamiche. Il materiale ha una buona resistenza agli agenti atmosferici, infatti il cls alleggerito con gomma, in condizioni di gelo o disgelo può produrre risultati migliori rispetto al calcestruzzo ordinario, infine sono elevate le prestazioni ingegneristiche offerte, grazie al basso peso specifico della gomma, alle proprietà di isolamento termico e acustico e alla mitigazione delle vibrazioni.

Come ogni buon prodotto ha i suoi vantaggi ma c’è anche il rovescio della medaglia, e quindi dei limiti della nuova miscela. Infatti il Rubbercrate si presta ad una riduzione della resistenza a trazione, a compressione e a flessione, dovuta ad una minore coesione tra la superficie dell’aggregato in gomma, che è meno ruvida rispetto a quello tradizionale. Vi è un maggiore contenuto di aria, rispetto alle miscele ordinarie, ciò può implicare un peggioramento della resistenza venendo meno così ad una delle caratteristiche principali del calcestruzzo.

Le caratteristiche proprie del materiale però rendono sconsigliabile l’utilizzo del Rubbercrete per la costruzione di elementi strutturali. In caso di alte resistenze, data la debolezza delle particelle di gomma a contatto con la matrice cementizia si può incorrere nel rischio crepe. Per ovviare a questo tipo di problema si sta sperimentando una fase di rinforzo di cls, ovvero un ulteriore gettata di calcestruzzo che vada a rinforzare la gettata in Rubbercrete. Date le ottime caratteristiche di isolmento termico e mitigazione delle vibrazione, si sta sperimentando l’utilizzo del Rubbercrete non solo per la costruzione di solai e pavimenti ma anche per le protezioni stradali, dato che la gomma è in grado di assorbire gli urti.

E’ chiaro che gli studi di ingegneria, per quanto riguarda i materiali aggregati, le proprietà e il loro corretto utilizzo, stanno dando al campo dell’edilizia risultati straordinari. La ricerca è dunque un campo importante del settore al fine di presentare un prodotto competitivo e il più possibile conforme all’ambiente nel suo impiego e smaltimento.

Arrivederci alla prossima settimana con un nuovo articolo!