Il cls è influenzato della temperatura: 5 valutazioni per non sbagliare


Il confezionamento, la posa in opera e la maturazione del calcestruzzo avvengono a temperature che possono oscillare, almeno nei nostri climi, nel periodo invernale tra 10 e -5°C e, nel periodo estivo, tra 25°C e 40°C

Le proprietà del calcestruzzo in fase di progettazione vengono studiate alla temperatura di riferimento di 20°C e gettare a temperature diverse vuol dire variare la cinetica della fase di idratazione del cemento in quanto a temperatura più elevata del riferimento avremo reazioni chimiche più accelerate, al contrario a temperature più basse della temperatura di riferimento avremo reazioni più lente.
Naturalmente i produttori durante la stilatura delle schede tecniche tengono conto dell’impossibilità di gettata a temperatura di riferimento e costante, ma in tutti i casi esistono dei limiti ben precisi per le operazioni che non possono sempre concordare con la temperatura ambientale.

Pertanto, la temperatura ambientale gioca un ruolo decisivo durante le fasi di lavorazione del conglomerato. Dunque è importante conoscere le condizioni climatiche in cui si andrà a lavorare, ovvero in clima caldo o freddo dato che in entrambi casi verranno fatte queste 5 valutazioni:

  1. scelta degli ingredienti
  2. composizione del calcestruzzo
  3. modalità di lavorazione
  4. tipologia di cassero
  5. le procedure di maturazione e protezione umida dei getti

Una prima conseguenza pratica è rappresentata dalla modifica della perdita di lavorabilità durante il trasporto del calcestruzzo dalla centrale di betonaggio al cantiere. La perdita di lavorabilità, infatti, aumenta con le alte temperature comportando una rapida perdita di plasticità e un accorciamento dei tempi di presa, mentre si attenua fortemente durante le stagioni particolarmente fredde. L’effetto di accelerazione dell’idratazione determina un anticipo sui tempi di indurimento del calcestruzzo che alle brevi stagionature (nei primi 7-10 giorni) è caratterizzato da resistenze meccaniche a compressione più elevate di quelle che lo stesso impasto evidenzierebbe alle basse temperature. Alle stagionature più lunghe, per contro, la maturazione del calcestruzzo a temperature elevate penalizza la resistenza a compressione del conglomerato rispetto a quella di un analogo impasto maturato a temperature più basse.

Getto a temperature più alte dell’arco di riferimento

Le principali problematiche e i rispettivi inconvenienti che possono presentarsi quando le operazioni di betonaggio avvengono durante il periodo estivo sono sostanzialmente due:

  • eccessiva perdita di lavorabilità durante il trasporto

Nei cantieri talvolta si ripristina la lavorabilità aggiungendo acqua in betoniera al momento della consegna. Ciò però causa la perdita di prestazioni meccaniche del calcestruzzo in opera.

Un aforisma delle vecchie generazioni di muratori è infatti  “l’acqua non fa muro ma fa duro”.

Nei casi in cui si ignori la scarsa plasmabilità del calcestruzzo e si proceda alla messa in opera dell’impasto con una lavorabilità più bassa di quella richiesta si rischia che i casseri non vengano completamente riempiti dal calcestruzzo e che varie parti dell’opera presentino delle porzioni di aria piuttosto che di materiale. Ciò naturalmente degrada notevolmente le prestazioni meccaniche dell’elemento gettato: un pilastro gettato in gran percentuale di aria non può resistere come da specifiche progettuali;

  • accorciamento dei tempi di inizio presa non compatibili con le operazioni di posa in opera e di compattazione dei getti.

Particolarmente rischioso se si debbono realizzare strutture che richiedono elevati volumi di calcestruzzo in quanto sussiste la possibilità di creare giunti freddi in corrispondenza delle riprese di getto se tra l’arrivo di una betoniera e quella successiva dovesse intercorrere un tempo superiore a quello di inizio presa del conglomerato precedentemente gettato. Per ovviare alla comparsa di questi inconvenienti è necessario impiegare cementi con una lenta cinetica di idratazione.

E quindi, se non si può aggiungere acqua nè gettare facendo finta che il problema non esista come bisogna fare? Oggi fortunatamente la tecnologia delle costruzioni ci permette l’uso di cementi con una lenta cinetica di idratazione, che di base hanno una minore perdita di lavorabilità ed una maturazione più lenta alla temperatura di riferimento di 20°C e che con il caldo si equipara alla maturazione di materiale ordinario.

Eventualmente è anche possibile utilizzare, a parità di classe, cementi poveri di clinker, anche essi capaci di attenuare la perdita di lavorabilità.

Inoltre, è percorribile una soluzione offerta dalla chimica aggiungendo al nostro materiale degli additivi ritardanti di presa e superfluidificanti ritardanti.

Resta, infine, da segnalare che durante il periodo caldo soprattutto nelle giornate ventose e asciutte, a causa della spinta per gravità e sedimentazione delle particelle sospese nel liquido, il conglomerato  può essere soggetto al fenomeno del bleeding.

Tale fenomeno porta a una perdita del contenuto d’acqua e può ridurre positivamente il rapporto acqua/cemento. Qualora il fenomeno non sia però uniforme a causa del tipo di casseramento esso può portare a fenomeni marcati di fessurazione.

Getto a temperature più basse dell’arco di riferimento

Alle basse temperature le fasi di trasporto e getto non presentani particolari problemi. I problemi piuttosto si affacciano durante la fase di maturazione con il rallentamento dei tempi di presa e di indurimento. Ciò può dare vita a vari inconvenienti: è possibile che il calcestruzzo subisca una disgregazione al raggiungimento di temperature inferiori allo zero termico nelle ore successive alla gettata, è possibile che lo strato di usura delle pavimentazioni non sia lavorabile nei tempi previsti, ed è possibile che l’opera non sia pronta come da cronoprogramma alle fasi successive quali la rimozione dei casseri ed il disarmo degli elementi strutturali.

La soluzione comunque esiste: è possibile prevenire i fenomeni di dissesto impiegando cementi a rapido indurimento caratterizzati da un elevato contenuto di clinker. Anche in questo caso è possibile percorrere la strada chimica, facendo ricorso ad acceleranti di indurimento ed aiutandoli tramite un rapporto acqua/cemento basso.
In condizioni climatiche estreme ovvero con temperature inferiori ai -5°C si consiglia l’utilizzo di casseri termoisolanti e si suggerisce di coprire le superfici non casserate con uno strato isolante di polistirolo o di polistirene estruso per un numero di giorni sufficiente al completamento della primissima fase di maturazione: almeno 3-7 giorni.

Se sono state adottate tali precauzioni in fase di getto è opportuno chiedersi se l’opera debba essere preservata dai cicli di gelo e disgelo durante la sua vita, per evitare che si degradi. Infatti è bene ricordare che l’acqua cambia volume nel passaggio dallo stato liquido allo stato solido e viceversa, pertanto intuitivamente già si può consigliare un basso rapporto acqua/cemento. Cosa aggiungere? Sicuramente il ricorso agli additivi aeranti oltre ad aggreganti non gelivi, così che non vi siano zone particolarmente prone al fenomeno. Inoltre è buona regola, già in fase di progettazione, pensare ad un veloce smaltimento acque che non permetta punti di ristagno.

Ringraziando per la lettura, vi diamo appuntamento alla prossima settimana con un altro articolo!