Il cancro del calcestruzzo: la carbonatazione


Il calcestruzzo è un materiale straordinario e grazie all’acciaio è in grado di acquisire l’unica proprietà in cui è debole, la resistenza a trazione. Resiste meglio di altri materiali a molte azioni esterne, come per esempio al fuoco e all’aggressione ambientale, assorbe CO2, può essere drenante, autoriparante, impermeabile e  per alcune tipologie di opere è insostituibile.

In particolare, il calcestruzzo armato è diventato una presenza immancabile nelle nostre esistenze è ciò di cui sono fatti molti dei palazzi in cui viviamo e lavoriamo, ed è il materiale più impiegato per la costruzione di ponti, viadotti e numerose altre infrastrutture. Per questo motivo, da tempo i ricercatori lavorano a un’alternativa più affidabile, che prolunghi la vita delle infrastrutture e riduca il rischio di crolli.

Il calcestruzzo armato è realizzato utilizzando un’armatura di acciaio, ovvero una fitta rete di barre di metallo chiamate anche tondini che viene poi annegata nel calcestruzzo. Quando questo si solidifica, si ottiene un materiale resistente alle sollecitazioni e in grado di reggere grandi carichi, come quelli di un ponte o di un grattacielo di decine di piani.

Per queste opere però vive lo spettro di un grande problema ovvero quello della carbonatazione che colloquialmente viene chiamato “cancro del calcestruzzo”. Nel calcestruzzo armato la carbonatazione ha un effetto negativo e rappresenta una delle principali cause di degrado del materiale. La carbonatazione crea le condizioni favorevoli all’innesco della corrosione dei tondini.

La corrosione dei ferri si manifesta con la comparsa inizialmente di macchie di ruggine in corrispondenza delle fessure, successivamente tali fessure nel tempo aumenteranno la loro ampiezza e infine si potrà avere il distacco del copriferro.

In Italia il caso Ponte Morandi ha alzato un polverone sulla questione carbonatazione, da sopraluoghi successi su quello che restava del ponte dopo il crollo della sua sezione centrale, è stato evidenziato un generale ammaloramento dei piloni che presentavano per la maggior parte evidenti segni di carbonatazione.

E’ chiaro però che la ricerca scientifica del settore, nei primi anni ’60, non aveva ancora pienamente compreso i vari meccanismi di degrado delle opere in conglomerato cementizio armato, in particolare, di quelli che provocano la corrosione delle armature metalliche per effetto della carbonatazione e dell’ingresso dei cloruri.

Nel tempo il fenomeno di carbonatazione ha però indotto gli esperti del settore a cercare dei materiali alternativi al ferro. Studi recenti hanno evidenziato un sistema che mette insieme calcestruzzo e armature in fibra di vetro e di carbonio, due materiali più leggeri e resistenti ma che non portano a problemi di ruggine.

Un primo test è stato realizzato per una sezione lunga tre metri, i prototipi si sono rivelati più resistenti e leggeri rispetto agli analoghi in acciaio, addirittura la capacità di carico è aumentata del 20% mentre il volume occupato è del 15% inferiore.

I costi di produzione restano al momento ancora un po’ più alti di quelli con il tradizionale acciaio, ma secondo i progettisti tale prezzo si dovrebbe ridurre nel caso in cui la nuova tecnica diventasse diffusa. Questi test superati con successo porteranno così alla realizzazione di due ponti pedonali che saranno costruiti in Australia che consentiranno quindi di sperimentare un tipo di calcestruzzo diverso e con un minore impatto ambientale.

Vi diamo appuntamento alla prossima settimana con un nuovo articolo!